CHI TI CURRAT SU BUGINU!

Lezioni condivise 43 – Il banditismo di massa

 30 Giu 2010 @ 10:41 PM

Achtung! Bandidos! … E’ toccato pure ai partigiani… Da tempo ormai il disordine costituito denomina “bandito” tutto ciò che gli si oppone, non a torto o a ragione, ma sempre a ragione.

E’ sempre stato così, ma nel passato storico le situazioni erano più limpide, più intelligibili dalle masse popolari, ciò era fondamentale perché esse potevano schierarsi con chi era dalla loro parte.

Non mi pare che questo sia più possibile oggi, anni di politica basata su scandali e corruzione (altro che seconda repubblica… seconda a che?) hanno intorpidito, ipnopedizzato, normalizzato l’opinione pubblica; la gente comune non reagisce più, accetta passivamente qualsiasi cosa si faccia a suo danno, non è più capace di scegliere la sua parte, anche perché non c’è, è vero, ma proprio in queste situazioni nascevano un tempo le grandi mobilitazioni popolari, le sommosse, le rivoluzioni…

Che il regime cazzarocratico non abbia dunque banditi, briganti, sovversivi da combattere, non è un buon segno per la democrazia, la libertà, la giustizia.

Questo non significa che si debba essere clementi nei confronti dei tiranni del passato.

La strategia coloniale di sfruttamento della Sardegna da parte piemontese fu palesemente subdola. I Savoia si insediarono in Sardegna malvolentieri; re servi delle potenze più forti, si videro sottrarre la Sicilia dall’Impero austriaco ed ebbero in cambio, nel 1718, la Sardegna, che cercarono subito di barattare con altri territori del nord.

Ho già fatto cenno al non certo “gentile” dominio catalano-aragonese e spagnolo dei secoli precedenti, ma l’avvento piemontese, quanto ad arroganza, mancanza di tatto e rozzezza, è rimasto senza pari.

Dopo aver tastato il terreno presso le élite cittadine, non certo del popolo, non trovarono di meglio che cercare di amalgamare tutto ciò che era espressione della Sardità (tranne ciò di cui non si resero neanche conto e che per questo abbiamo conservato) al loro modus vivendi, ovviamente fallendo… Vedi questione della politica agricola…

Una volta preso confidenza con i luoghi e con la gente, cercarono anche di creare truppe provinciali organizzate sul modello piemontese, dunque di istituire la leva militare, servendosi per questo dei Consigli comunitativi, organismi locali di governo delle ville (sorta di consigli comunali), da cui erano escluse le classi meno abbienti, i braccianti… Tuttavia, spesso, questi organismi locali non erano affatto succubi e obbedivano malvolentieri, specie dove era ampiamente rappresentato il terzo stato (contadini, artigiani, commercianti)…

Il risultato di questa manovra, decisa dall’oggi al domani, fu il netto rifiuto, la diserzione, la latitanza e dunque l’espansione del fenomeno del “banditismo”, cioè una componente resistenziale al potere costituito; alternativa a questa scelta estrema della latitanza, fu, specie nel 1843, la massiccia richiesta di esonero.

Fallì così il primo tentativo di leva militare in Sardegna e la creazione di truppe provinciali.

Vittorio Emanuele I aveva fatto anche le figurine sul modo di vestire dei soldati, tipo figurine Panini… ma non se ne fece nulla, pare non ci fossero nemmeno le risorse economiche necessarie.

Altra iniziativa dei nuovi padroni fu l’attacco alla nobiltà spagnola, ormai insediatasi da diverse generazioni nell’isola, al fine di limitare la loro “giurisdizione” con la creazione delle Prefetture, strumento capillare di controllo del territorio. Si intendeva compensare la nobiltà concedendo facoltà di elezione nei Consigli comunitativi, esistenti fin dal 1771. I nobili sarebbero stati eletti in liste bloccate, suddivise per classi. Le classi rappresentate erano due, quella media (commercianti, artigiani…) e quella aristocratica (proprietari, nobili). Il quarto stato veniva sempre più escluso con vari pretesti (come il non avere la possibilità di acquistare quanto serviva per fare il consigliere comunale!). In generale gli addetti a lavori manuali servili, erano esclusi dal Consiglio.

E’ vero che i sardi negli anni della rivoluzione lottarono soprattutto contro l’arroganza e lo strapotere feudale, ma l’intervento piemontese non ebbe certo lo scopo di liberare i sardi da quel giogo, ma di accentrare il più possibile il potere nelle mani dei nuovi tiranni…….

Ancora nel 1812 Francesco d’Austria d’Este parlava del popolo sardo come buono e assoggettato e per i sardi, visto come andavano le cose, non era certo un complimento. In tempi di carestia, i cui effetti esplosero drammaticamente solo quell’anno, solo una piccola avanguardia ebbe ancora la forza di reagire con la “congiura di Palabanda”, scoperta per una soffiata e repressa violentemente.

I cattivi raccolti degli anni precedenti culminarono in “s’annu doxi”, l’anno della fame, crebbe il pauperismo delle ville ridotte in miseria dal “grano del re”, la riserva per Cagliari, l’insierro, quello che dovevano versare privandosene loro che non ne avevano neanche per se stessi. Così iniziò lo spopolamento delle campagne e una massa di poveri, di mendicanti, si spostò in città, in parte accolta nel Lazzaretto, presso il convento di San Lucifero. I problemi si moltiplicarono, si diffuse la peste; nacque la questione dei majoli, studenti dell’entroterra che per mantenersi si mettevano al servizio di famiglie benestanti e subivano costantemente il controllo della polizia.

Se, come ho già ricordato, la memoria de “su famini de s’annu doxi” è giunto fino a noi nei modi di dire popolari, questo è più che sufficiente a comprendere il fenomeno del banditismo e lo stato in cui veniva tenuto un Regno, una terra, che se amministrata diversamente da “s’aferra-aferra”, avrebbe potuto cavarsela anche in situazioni d’emergenza. Al re piemontese invece interessava solo mantenere il suo tenore di vita, avere il superfluo anche mentre la gente moriva di fame.

(Storia della Sardegna – 24.4.1996) MP

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T’IS KAL’I, FEDELI ALLA LINEA

Lezioni condivise 38 – “Sulla tirannide”

31 Gen 2010 @ 10:47 PM

Il giudizio sul Machiavelli (che tratto quale oggetto di studio e non da entusiasta del soggetto) nel corso del tempo è stato piuttosto controverso. Dai detrattori più estremi, con accuse di immoralità, crudeltà, disumanità, fino a coloro che hanno addirittura visto il “Principe” come un’opera, che mostrando la spietatezza della dittatura, in realtà la disprezza e ne rappresenta addirittura una visione satirica.

Proviamo a conoscere il personaggio, il suo ambiente, la sua storia, per quello che è, oggettivamente.

Firenze, dopo la scomparsa di Lorenzo il Magnifico (1492) e la breve successione del figlio Piero, visse la cacciata dei Medici (1494) e l’instaurarsi di un nuovo ordinamento repubblicano con la chiamata del carismatico fra Gerolamo Savonarola, autore del libro “Sulla tirannide” contro il potere mediceo. Egli, ben voluto dal popolo cui aveva dato voce, cadde soprattutto per volere del papa Alessandro VI (Borgia), che lo scomunicò e ne favorì la condanna al rogo.

Caduto il frate, Firenze mantenne tuttavia gli ordinamenti da lui voluti, la sua tradizione comunale e repubblicana, una sorta di   umanesimo civile, che non si sviluppò a corte, ma nella società.

Machiavelli divenne segretario della Repubblica fiorentina solo qualche giorno dopo la caduta del Savonarola, del quale, a lungo andare, dovette riconoscere alcuni meriti, anche se per conclusioni completamente opposte.

Nel cap. 18, libro primo dei “Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio”, interrotti per iniziare “Il Principe”, egli tratta “In che modo nelle città corrotte si potesse mantenere uno stato libero, essendovi; o, non vi essendo, ordinarvelo” e conclude che non è possibile senza il ricorso a un “principe”.

I Medici stessi – sostiene – dovettero tenere un regime fintamente repubblicano, con la signoria, il consiglio dei settanta e via dicendo, ma sotto il loro controllo. Il sistema di elezione, sorteggio dei candidati prevalentemente scelti per censo, avveniva in modo pilotato. Inoltre, la veloce rotazione delle cariche (non più di un paio di mesi) non consentiva che alcun cittadino potesse acquisire alcun potere, che restava tutto in mano ai Medici.

La signoria di Lorenzo funzionò per il suo prestigio e per la sua abilità (si comportava come primus inter pares), non fu così per il figlio Piero, troppo arrogante e impreparato. Quando nel 1494 scese Carlo VIII, egli si arrese senza condizioni, mettendogli praticamente in mano l’intera Toscana, causando la reazione delle città e della stessa Firenze, fino alla cacciata dei Medici a furor di popolo.

Nella nuova situazione gli Ottimati (nobili, benestanti) cercarono di prendere il sopravvento. Essi proposero un consiglio di 500 persone. Si sviluppò un largo dibattito sul modello di governo da adottare. Ci fu perfino un principio di guerra civile. Infine entrò in gioco Savonarola, che si giovava del sostegno popolare e di qualche intellettuale (es.: Pico della Mirandola).

Savonarola accostò la figura del buon cristiano a quella del buon cittadino, insieme a una concezione pauperistica, contro peccato, lusso, ricchezze. Spinse Firenze verso la moralizzazione come se stesse attuando una missione. Partendo da principi comunemente ritenuti conservatori (San Tommaso), pervenne a risultati rivoluzionari, che allarmarono sia il papato, sia la nobiltà fiorentina. Benché, come Dante, ritenesse che il miglior governo fosse quello monarchico, in quanto rispecchiava quello del regno dei cieli (reductio ad unum) e a condizione che il sovrano non fosse un tiranno, pensava anche che la monarchia fosse congeniale ai popoli servili e non a quelli maturi; così blandiva Firenze, che riteneva matura per la repubblica, per l’uguaglianza, per la partecipazione e non avesse ad esempio bisogno della difesa mercenaria delle compagnie di ventura; dalla partecipazione sarebbe scaturita anche la difesa diretta.

In seguito alla predica del 18 dicembre 1494 – “Pertanto ti bisogna fare legge, che nessuno possa più farsi capo in Firenze, né dominare gli altri” – scrisse la nuova costituzione fiorentina, ma non la vide applicata perché fu arso vivo prima. Eppure Guicciardini, storico anticlericale, ha sostenuto che fu grazie alle riforme di Savonarola se Firenze poté resistere per ben dieci mesi, con il proprio esercito guidato da Francesco Ferrucci, contro l’assedio portato nel 1529 da Carlo V. Anche Machiavelli dovette riconoscere a Savonarola di aver introdotto ordini nuovi (repubblica, antimercenariato…), tant’è che le sue riforme gli sopravvissero.

A Savonarola è dovuto il Consiglio maggiore (1494), ordinamento mutuato della Repubblica veneziana (doge – presidente – consiglio minore [signoria] e consiglio maggiore [popolo]), un governo misto basato su reciproci controlli, per porre fine agli abusi del potere familiare di cui i Medici furono un esempio. Veniva superata la vecchia distinzione comunale tra popolo minuto, popolo grasso e magnati.

Il Consiglio maggiore era costituito dai cittadini contribuenti maggiori di 29 anni. Quando il numero dei beneficiati era eccessivo (sopra i 1500), essi si alternavano in tre tornate (sterzati). Nel 1495 i beneficiati superarono le 3000 unità.

Il sistema era comunque complesso. I poveri non facevano parte del governo, la dizione popolare si riferiva unicamente al terzo stato; tuttavia vi erano 60 eletti senza beneficio e un certo numero sotto i 29 anni.

Il consiglio maggiore votava le leggi, specie quelle tributarie e per l’elezione dei membri dell’esecutivo. La Signoria proponeva le leggi e il consiglio maggiore le approvava o le rigettava, non le discuteva. Solo se venivano ripresentate, un membro della Signoria e uno del Consiglio maggiore potevano parlare a favore o contro, e si rivotava.

Vi erano anche delle incompatibilità relative al cumulo delle cariche. Si procedeva per sorteggio dei designati in quanto il voto privilegiava le persone note e/o dello stesso rione; vi era un certo numero di rappresentanti per ogni quartiere.

Il Gonfaloniere era il rappresentante della repubblica. Esistevano poi delle particolari magistrature come quella dei dieci di Balia (o della Guerra), una sorta di ministero degli esteri che curava alleanze, assoldava mercenari, decideva sulle guerre. Anch’essi erano inseriti in un sistema di controllo. Gli otto di guardia sovrintendevano invece alle cause criminali e di polizia. Gli Ufficiali del monte (di pietà) si occupavano dell’amministrazione tributaria… e via dicendo.

Le rotazione delle cariche (di solito due mesi) venne mantenuta, perché ci fosse più partecipazione, per consentire ai cittadini di accudire anche ai propri interessi (in quanto erano gratuite), per evitare scompensi al sistema, cioè che qualcuno prendesse il soppravvento.

Nelle sue analisi e teorizzazioni sui governi, Machiavelli si rifà all’esperienza antica, soprattutto romana, che esalta l’ instrumentum regni. Egli assimila attraverso la lettura questa esperienza, facendola propria. La trova in Livio, ma anche nel libro sesto di Polibio [la monarchia produce tirannia, da cui attraverso la rivolta si giunge al governo popolare che infine sconfina nella demagogia e nell’oligarchia – ottimati – ove infine si afferma un leader, quindi si ha di nuovo la monarchia o la dittatura], nel quale la formulazione apertamente strumentale dell’uso politico della religione come forte ed efficace regolatore sociale è netta; adottata dallo stesso Cesare, che si fece eleggere pontefice massimo.

Nel 1502, Soderini, amico di Machiavelli e del popolo, in contrasto con gli aristocratici, venne nominato gonfaloniere a vita; ciò rappresentò una sorta di compromesso, tra il governo di uno solo e la democrazia.

Fu un periodo in cui nei vari quartieri si indicevano assemblee, dette pratiche o consulte (strette se realizzate con dei delegati, larghe se aperte a tutti), per discutere dei problemi esistenti. Di esse venivano stesi i verbali, alcuni dei quali firmati dallo stesso Machiavelli. Si tratta di importanti documenti perché da essi emergono le idee dei fiorentini sulla politica del tempo.

Insomma in qualche modo Savonarola continuò a incidere, al di là delle teorie.

(Letteratura italiana I – 19.4.1996) MP

Commenti (8)

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8 #
ivy phoenix
edera.fenice@tiscali.it
109.115.40.162
Inviato il 15/03/2010 alle 18:23
beh, ti aspettavo… vabbè…

T’is kal’i, fedeli alla linea
7 #
ivy phoenix
edera.fenice@tiscali.it
79.31.234.123
Inviato il 07/03/2010 alle 14:46
a me invece serve un commento saggio ed erudito… passi a leggermi?

T’is kal’i, fedeli alla linea
6 #
Nadir
mailbox_@tiscali.it
87.20.33.97
Inviato il 06/03/2010 alle 13:15
Ciao! ho trascurato il blog e quant’altro come puoi capire dalla mia presenza ad intermittenza!E’ che anche le mie idee sono ad intermittenza ultimamente… peccato mi sono lasciata sfuggire l’editore… ma noto che hai aperto un altro blog… o mi sono confusa con i commenti? Il bello è che chiedi a me istruzioni su come funziona questa nuova piattaforma… mi sta facendo impazzire non ci capisco niente!
p.s: ahò finchè non sento parlà di Rosa io non riesco a leggere questi post eruditi!!! VOGLIO GLI SPETTEGULESSSSSS

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5 #
ivy phoenix
edera.fenice@tiscali.it
79.31.234.123
Inviato il 01/03/2010 alle 20:19
mi ci vuole tempo per rimettermi il blog a post decisamente…
bella la musica in sottofondo, vero…
wordpress è meglio della piattaforma precedende, non ci piove, solo che serve tempo per imparare a gestirla e accidenti, quello non c’è…

T’is kal’i, fedeli alla linea
4 #
giulia
chidicedonna.myblog.it
giuliapenzo@alice.it
82.60.159.96
Inviato il 28/02/2010 alle 01:11
giulia :
Vedi, ci si incanta con la musica qui dentro…
Citazione la tua da…?
Un tempo era impossibile il cumulo delle cariche, adesso sono magari consiglieri comunali (e anche) provinciali ecc…, solo per rimanere in tema di consiglio maggiore, senza citare i nostri deputati o senatori.
Buona domenica…

T’is kal’i, fedeli alla linea
3 #
giulia
chidicedonna.myblog.it
giuliapenzo@alice.it
82.60.159.96
Inviato il 28/02/2010 alle 01:09
Vedi, ci si incanta con la musica qui dentro…
Citazione la tua da…?
Un tempo era impossibile il cumulo delle cariche, adesso sono magari consiglieri comunali, provinciali ecc…, solo per rimanere in tema di consiglio maggiore, senza citare i nostri deputati o senatori.
Buona domenica…

T’is kal’i, fedeli alla linea
2 #
ET
pippo@sup.it
82.58.221.130
Inviato il 18/02/2010 alle 21:18
Bellissimo questo post. E me lo devo leggere con attenzione perché parla anche dell\\\’ordinamento della mia città 🙂
Davvero interessante anche la motivazione del passaggio dalla monarchia alla tirannia, e dalla tirannia al governo popolare… Un materialismo dialettico ante litteram.
Sì, desidero uno sherry…

T’is kal’i, fedeli alla linea
1 #
g
giuliapenzo@alice.it
82.60.161.114
Inviato il 13/02/2010 alle 11:18
Quel pacchetto è finito giustamente tra le mani di chi crede nel futuro e nell’amore… e nella tua grande capacità di amare.

ZÎZNASE

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