TURCUS, MORUS E GHERRAS DE CURSA

30 Nov 2016 @ 10:58 PM 

Lezioni condivise 118 – Fernand Braudel e il Mediterraneo.

Fin dai primi anni in facoltà di Lettere questo nome cominciò a risuonarmi nelle orecchie: Braudel, Fernand Braudel, e chi sarà mai? Il suo nome veniva declamato in diverse lezioni di differenti discipline, incuteva rispetto, curiosità… chini benit a èssiri?!

Dopo averlo letto posso dire che Braudel, storico francese del Novecento, esponente della École des Annales, in realtà è un poeta, un letterato; chi ama la letteratura potrà leggere con piacere i suoi libri che parlano di storia, ma parlano di tutto, in un modo che non pesa e che anzi attrae, conquista alla lettura.

Poeta del Mediterraneo, della vita quotidiana in epoca moderna sotto il dominio spagnolo in Europa, nel tempo di Filippo II e non solo, del territorio, dei commerci, dell’ambiente, dei popoli, del rapporto tra essi, cristiani e musulmani, africani, europei e mediorientali, del tempo della pirateria, delle torri di difesa dalle incursioni della pirateria barbaresca di cui è ancora circondata la Sardegna, delle guerre di corsa, della Spagna che si espande in Africa…

            Come accennato Braudel proviene dalla scuola degli Annales e dall’omonima rivista di da Lucien Fevbre e Marc Bloch, suoi maestri.

Si può definire il Mediterraneo? I mille paesaggi, aspetti, mari, civiltà che rappresenta? Braudel prova a definire questo insieme di unità e diversità storica, geografica e culturale.

Da una realtà apparentemente unitaria nell’antico mondo greco e romano, sebbene con diverse consapevolezze, dopo la caduta dell’impero romano, nell’età medievale divenne un’entità geostorica complessa, più eurocentrica (forse solo per noi) caratterizzata nel 1054 dallo Scisma d’Oriente e diventando protagonista nella lacerazione del mondo cristiano: cattolicesimo e ortodossa orientale. In questo contesto il cattolicesimo, forte di sovrani come Ferdinando e Isabella, poi Carlo e Filippo d’Asburgo, si trova in contrasto anche con il mondo islamico, caratteristica primaria dell’età moderna a partire dal XVI sec. con lo scivolamento nell’assolutismo.

Tra i vari eventi fondativi dell’Età moderna, la caduta di Bisanzio (1453) – ad opera dei turchi di Maometto II -, segnando la fine dell’impero bizantino, ci porta in un nuovo mondo, quello della modernità, anche se si preferisce far coincidere la nuova era con la “scoperta dell’America” (1492), evento storico contro impresa geografica, fatto concreto contro ignoto, Mediterraneo contro Oceano.

Eppure è proprio questo diverso ruolo del Mediterraneo a segnare la fine del mondo antico e porre le condizioni per l’avvio del Rinascimento, con la necessità di guardare comunque al mondo classico, dando in questo senso un ruolo alla penisola italica. Così, per quanto avanti nel tempo, un’altra data simbolica di cambiamento è la battaglia di Lepanto (1571), scontro esemplare del conflitto cristiano-islamico, tra spagnoli e ottomani, nonché simbolico riscatto del cattolicesimo sul protestantesimo.

Per quanto simbolica, quella battaglia non pose certo fine ai conflitti contro i turchi e l’islam, dando avvio alle guerre di corsa moresche e al sorgere delle torri antisaracene lungo le coste, che limitarono per circa due secoli gli scontri tanto di dar modo a Braudel di parlare di “pace mediterranea”.

Nonostante tutto il Cinquecento fu per i turchi un grande secolo, tanto che il sultano Solimano I fu accostato a Carlo V per magnificenza e fu in effetti un gran riformatore, con una visione d’ordine universale, benché il conflitto con l’occidente continuò ad esistere, fino a occupare Serbia e Ungheria (1521), incentivare la funzione utilitaristica del Mar Nero, per non parlare delle conquiste a est fino all’Iraq (1534) e nel nord Africa.  Tuttavia la Turchia si avvaleva di una convivenza multirazziale e di libertà religiosa ed era caratterizzata da città con modello urbanistico di forma classica, con dinamica commerciale e finanziaria.

Si fronteggiavano già allora un modello politico-economico orientale e occidentale, già proiettato questo verso il “nuovo mondo”, con egemonia spagnola, con comprimari francesi, asburgici e Venezia. Nulla di nuovo rispetto al passato storico, due grandi forze si fronteggiavano nel Mediterraneo, con successivi spostamenti egemoni tra impero austriaco e imperialità arabo-musulmana e più avanti l’azione a tratti ambigua di Napoleone, anche in funzione anti inglese. E siamo quasi ai giorni nostri con una funzione mediterranea pressoché statica, ove si fronteggiano culture differenti, il cui principio può esser fatto risalire alla pace di Vestfalia (1648), ossia la fine della guerra dei Trent’anni, che segna il principio della nascita delle nuove statualità europee, una sorta di disgregazione dell’impero e le prime avvisaglie della Rivoluzione.

            Ma proviamo, per una più completa comprensione, a fare un passo indietro fino alle “origini” storiche del Mediterraneo, partiamo da una espressione che certamente abbiamo già sentito: i popoli del mare.

Intanto percepiamo, e per certi versi è ancora così, che i movimenti, per mare o per terra, sono sempre avvenuti dai primordi della storia da Oriente a Occidente, per questioni climatiche o di spazio vitale (il fenomeno sud – nord è più complesso, raro e non così antico).

Sappiamo anche che la “storia” la hanno sempre fatta i potenti, pertanto da lì muovono per forza di cose i nostri riferimenti.

Diciamo che fino al 1200 a.C. per quanto riguarda il Mediterraneo si era vissuta una politica di equilibrio con l’egemonia di due popoli, Ittiti (Anatolia) ed Egizi. Contraddicendo la premessa, la rottura di questo equilibrio giunse relativamente da Occidente (e sarà ancora così per i Romani), precisamente dai Balcani, con una forza dotata di armi e navi, ma quello da ovest verso est non fu mai un movimento migratorio, piuttosto colonizzatore, infatti i primi popoli del mare (definizione egiziana) furono gli Achei, i Filistei (greci) e i Lici (Asia minore). Per curiosità annotiamo che i Filistei si insediarono in Palestina, insieme agli Ebrei (originari della terra di Cana e vicinanze).

In fondo non si trattava di popoli lontanissimi tra loro: gli Ittiti scomparvero, gli egizi ressero con Ramses III.

I popoli del mare portarono anche una innovazione economica, ovvero il passaggio massiccio dal bronzo al ferro. Importante in quel periodo il ruolo di Cipro come produttore di rame e di Creta come produttore di legname, ma anche per la sua attività marinara che ne fece una potenza in mare.

Nello stesso periodo si sviluppò la civiltà Micenea basata sulla ceramica e altre importanti civiltà come quella dei Fenici, commercianti di stoffe colorare, vetro. Provenivano dall’odierno Libano e diffusero la scrittura, base della nostra e adattata dai Greci, al posto della cuneiforme, molto più complessa. Furono il principale “popolo del mare”, fondarono Cartagine, Palermo, Cagliari, Tharros e le usarono come una sorta di empori commerciali.

Siamo sostanzialmente alla vigilia della civiltà ellenica, risultanza più longeva dell’azione dei popoli del mare.

            Un altro cenno necessario per descrivere le vicende del Mediterraneo è l’espansione del Cristianesimo in nord Africa già dal I sec. d. C., quindi molto più avanti in Nubia, Etiopia e altre regioni anche a occidente, salvo scomparire quasi del tutto nel VII secolo con l’avvento dell’Islam e non solo per ragioni religiose.

La città di punta del cristianesimo antico fu Alessandria, che ebbe come vescovo Marco evangelista, e subì per prima la repressione dell’impero romano con Decio e Diocleziano.

            Molto più avanti arrivano alle guerre di corsa, legate ai corsari e alla pirateria barbaresca, siamo in età moderna e al centro c’è sempre il Mediterraneo, ma con nuovi interpreti, provenienti dall’Africa. Si trattava prevalentemente di rapide incursioni tese a ricavare un bottino di merci e schiavi; la differenza era che i corsari erano autorizzati da uno stato, con le “lettere di corsa”, recanti sorta di regole, limiti e obiettivi, i pirati erano invece veri e propri banditi del mare e talvolta le due figure si incrociavano, come nel caso degli inglesi, olandesi e francesi, anche se i più attivi erano i barbareschi, detti anche mori o saraceni, che muovevano soprattutto da Algeri.

La Spagna, che controllava il mediterraneo occidentale, dal Cinquecento in poi iniziò a costruire le torri costiere di difesa; la Sardegna, territorio più colpito, fu interamente circondata da torri in collegamento visivo l’una sull’altra. E siamo già al tempo di Braudel.

            Un aspetto molto trascurato nel Mediterraneo sono stati gli eventi climatici e le catastrofi naturali, che hanno condizionato la vita in diverse parti del globo, dobbiamo però rilevare che nel passato non si aveva alcuno strumento per far fronte a questi disastri ambientali.

Con la fine dell’era glaciale l’umanità ha potuto iniziare a stanziarsi permanentemente in precisi territori, dando luogo all’agricoltura, il commercio, l’allevamento, l’industria. Non sempre l’uomo è stato consapevole della necessità di gestire tutto ciò in equilibrio, e ha privilegiato spesso la speculazione alla necessità, specie dal Settecento in poi, dando luogo alla nuova era detta “Antropocene”, ovvero il graduale aumento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera, provocando l’incontrollato aumento di uragani, alluvioni, siccità.

In ogni tempo imprevisti cambiamenti climatici hanno causato migrazioni e conseguenti variazioni politico-sociali nei luoghi di approdo; accadde in Mesopotamia 2000 sec. a.C., in Egitto e altrove. Tra gli imputati la fine improvvisa dell’età del bronzo con tutti i cambiamenti che comportò, in seguito la cultura “terramare”, che rese più aride terre come la pianura Padana. Fu in questo contesto che maturarono le condizioni per lo scoppio della prima grande pandemia globale, la celebre Peste Antonina, l’insorgere del vaiolo, della malaria, con ripercussioni notevoli sulla popolazione in termini anche demografici oltre che politici.

Nel 500 d.C. l’eruzione vulcanica in Asia, originò la piccola glaciazione tardoantica e contemporaneamente la pesta di Giustiniano, diffusa dalle scarse condizioni igieniche e i contagi portati dalle rotte commerciali mediante pulci e ratti.

Malattie, povertà, hanno sempre inciso sul malcontento popolare e sulle rivolte foriere di conflitti e instabilità, che cessano al ritorno di una stabilità climatica, come intorno al mille, per precipitare nella crisi del Trecento con la peste nera, in seguito a nuovo cambiamento del clima (piccola glaciazione dell’Età moderna), causa di una nuova instabilità mondiale: caccia alle streghe, guerre di religione, inquisizione, fino all’anno 1816, senza estate, con carestie annesse.

            Eppure non sembra che i potenti di oggi traggano lezione dalla storia, qui esposta per sommi capi, che probabilmente neppure conoscono, benché i segnali siano tanti, sia come cambiamenti climatici, sia come scontento popolare e conflitti armati. Peraltro il Mediterraneo è particolarmente esposto a questo genere di crisi, in termini storici e reali: eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni, pandemie…

(Storia moderna II – 21.01.1998) MP

Commenti (1)

TURCUS, MORUS E GHERRAS DE CURSA
1 #
kitty
theepistolarians.com/
lika12@yandex.ru
176.120.252.92
Inviato il 31/01/2017 alle 00:52
Interesting!

ADIANTE PEREIRA!

Lezioni condivise 73 – L’espansione coloniale portoghese

 31 Gen 2013 @ 8:00 AM

Non c’è espressione più ambigua di “popolo americano”. Esiste un popolo americano? e se esiste qual è? chi legittimamente può definirsi “americano”? i popoli nativi al limite, non i coloni, un coacervo di genti provenienti prevalentemente dall’Europa e di origine ancora distinguibile.

La “democrazia” amerikana per ogni diritto che concede, un altro legittimo ne nega. Gli USA (…e getta) ad esempio, concedono cittadinanza ai nati sul loro suolo, ma la negano da sempre ai popoli nativi, sono uno stato fondato sull’illegalità, sulla violazione dei trattati da essi stessi imposti.

Agli albori dell’Alto medioevo gli spostamenti di interi popoli hanno dato luogo nel mondo antico a nuove nazioni, pressoché omogenee sotto il profilo culturale ed etnico. Non si può dire la stessa cosa per i diversi flussi di migrazione nelle Americhe – il massimo dell’eterogeneità – che iniziano un millennio dopo, in terre ove sono stanziati altri popoli, altre nazioni, con la loro civiltà e la loro cultura, che verranno emarginati, rimossi, sterminati, cancellati.

Nelle Americhe, pertanto, insieme a quel che rimane dei popoli nativi, vivono porzioni di popolo inglese, spagnolo, portoghese, tedesco, italiano, francese, cinese, giapponese e via dicendo. Non si tratta di radici così solide da permettere che si parli di un’altra nazione, siamo di fronte a poche generazioni di immigrati europei. La storia è testimone del genere di persone che furono mandate via dall’Europa per popolare gli USA e cacciare nelle riserve le nazioni indigene. Un’eredità riconoscibile nella violenza ancora imperante, nella disuguaglianza sociale estrema, nel razzismo, nella la facilità con cui anche i ragazzi possono armarsi e compiere stragi degne della più dissoluta barbarie, altro che democrazia!

Ancora oggi si discute tanto sulle modalità della scoperta del nuovo mondo, sull’identità di Colombo, sulla falsificazione di molti documenti per ragion di stato.

Il Portogallo fu il primo stato europeo ad avere mire coloniali fuori dal Mediterraneo. Affacciato sull’Atlantico, chiuso dalla Spagna, trovò naturale spingersi verso l’Africa occidentale e le terre costiere dell’oceano indiano.

Il primo impulso venne dalla dinastia di Aviz (1385) che successe alla decaduta casa di Borgogna, ma anche tutta una serie di coincidenze favorì il Portogallo. L’espansione, almeno per i governanti, obbediva a ragioni di tipo commerciale. La strategia era quella di occupare territori poco abitati che venivano dati in feudo al comandante della nave che li scopriva.

Le terre occupate, considerate res nullius (terra di nessuno), appartenevano a chi le abitava, non vi era organizzazione statale, gli indigeni non avevano leggi scritte.

Veniva adottato lo stesso criterio degli spagnoli durante la Reconquista, le terre redente venivano concesse come diritto di conquista a chi le liberava e analogo principio fu applicato nei regni della corona riconosciuti dal papa. Chi si opponeva a questa legge veniva fatto schiavo e perdeva ogni diritto.

Quando si conquistava un territorio si procedeva ad organizzare le vilas dal punto di vista politico, ma anche religioso, l“evangelizzazione” era una missione imposta dalle bolle papali; la Guinea, ad esempio divenne cattolica (con quali mezzi? è lecito chiedersi).

Si era formata una popolazione di meticci in prevalenza di lingua portoghese che garantiva i contatti con i nativi dell’interno destinati alla schiavitù. Questa prevedeva anche il metodo della gradazione di colore, distinguendo tra neri, mori, moreni e via dicendo.

Le truppe portoghesi presero Ceuta nel 1415 con una poderosa squadra navale, agli ordini del re Giovanni I di Portogallo. L’avanzata fu portata avanti dal principe Enrico il Navigatore.

Nel 1434 il primo gruppo di schiavi venne portato a Lisbona, il loro commercio divenne presto l’affare più importante del Portogallo e riguardò intorno alla metà del Quattrocento principalmente Guinea, Senegal, Capo Verde, Sierra Leone.

Con le bolle Dum Diversas del 1452 e Romanus Pontifex del 1454, il papa Niccolò V (questa è bella! ma abbiamo già visto per il regno di Sardegna e Corsica) riconobbe al re portoghese il diritto ai territori conquistati in Africa e Asia e lo autorizzava ad attaccare, conquistare e soggiogare i Saraceni, i pagani e gli altri nemici della fede; a catturare i loro beni e le loro terre; a ridurre gli indigeni in schiavitù perpetua. Con la bolla Inter caetera, Callisto III (1456) sancì il diritto di cristianizzare i territori, di nominare vescovi e parroci.

Dopo il 1492, scoperto il “nuovo mondo”, Alessandro VI (Rodrigo Borgia) ritenne necessaria una revisione delle sfere di influenza di Spagna e Portogallo, emanò così diverse bolle, tra cui le due Inter Caetera del 3 e 4 maggio 1493, sulla navigazione, la sovranità sulle terre scoperte, i diritti sui sudditi. Egli spagnolo, favorì notevolmente la Spagna. In particolare nella seconda bolla tracciò una linea retta (raja) al largo di Capo Verde che collegava il Polo artico al Polo antartico e in qualche modo divideva la sfera d’influenza dei due stati, l’ovest del meridiano spettava alla Spagna e l’est al Portogallo, escluso di fatto in questo modo dalla conquista di terre nel nuovo mondo.

Per evitare una guerra tra i due stati cattolici si raggiunse un compromesso con il Trattato di Tordesillas del 7 giugno 1495, che modificava le delimitazioni autorizzate dal Papa, spostando la raja in modo che al Portogallo spettasse almeno la conquista del Brasile.

Tutto ciò naturalmente all’insaputa delle civiltà là insediate dei Maya, Aztechi e Incas, per citare le maggiori a noi note e candidate allo sterminio.

            Chi ne è capace si ponga nel loro tempo.

Uno studente ebbe un moto di disgusto verso la barbarie dimostrata dai colonizzatori e lo esplicitò; la prof fece presente forse in maniera troppo sbrigativa che si era a lezione di storia e non di etica. Tuttavia non condivisi. Se l’osservazione dello studente poteva apparire ingenua – le crudeltà di certe epoche storiche sono note – non per questo vanno giustificate per il fatto che siano accadute in tempi remoti. Sarebbe come se nel 2500 o nel 3000 si arrivasse a giustificare il nazifascismo. Se poi si fa attenzione, in tutte le epoche passate, antica, medievale, moderna, accanto alle crudeltà più efferate, c’è sempre stato chi le ha combattute e chi avrebbe voluto farlo, ma non ne ebbe il coraggio, la forza o gli strumenti. Ancora oggi prendiamo lezioni di morale dai filosofi greci e latini; Gesù Cristo è vissuto 2000 anni fa e ancora non abbiamo assimilato il suo messaggio di pace, carità e uguaglianza; Cesare Beccaria scriveva a metà settecento per l’abolizione della pena di morte e ancora oggi in stati che si ritengono esempio di democrazia persiste questa barbarie; la Rivoluzione francese è avvenuta nel settecento e abbiamo perso tanti dei suoi valori, registrando un regresso su molti aspetti…

Il problema della razza tuttavia non era molto sentito allora, i contatti erano stati molto rari prima. Il termine razza aveva un significato culturale, più che come è inteso oggi. D’altra parte ogni popolo si considerava migliore dell’altro, anche tra i bianchi vi era un certo odio.

Il mondo moderno considerava barbari coloro che non avevano leggi, consuetudini, ordinamenti simili ai propri. Musulmani ed ebrei in particolare, erano odiati per la loro religione, non per la razza, soprattutto perché conobbero il cristianesimo e lo rifiutarono. Quando i musulmani si convertivano veniva dato loro un nome cristiano. La conversione affrancava dalla schiavitù, rendeva “liberi”.

I neri, che non avevano conosciuto il cristianesimo, erano più tollerati. “Benché” fossero considerati una razza inferiore. Quando rifiutavano di convertirsi, diventavano schiavi, come accadeva ai prigionieri di guerra, che tuttavia erano considerati vinti, i neri no.

All’inizio del cinquecento dunque Spagna e Portogallo avevano il monopolio legale dei traffici con l’Occidente atlantico.

Per la Spagna l’operazione fu portata avanti da stinchi di santo come Cortes e Pizzarro, con patenti di spietatezza proverbiali; loro omologo portoghese era Pedro Álvares Cabral.

Il Brasile venne scoperto da questi nel 1500, e la colonizzazione vera e propria iniziò intorno al 1530. Benché all’inizio fosse considerato meno importante dei territori asiatici, il Brasile, divenne poi la colonia più importante dell’impero, dalla quale i portoghesi potevano esportare oro, gemme preziose, zucchero, caffè e altri prodotti agricoli e così si intensificò la tratta degli schiavi dalle colonie africane.

Tra il 1575 e il 1583 questo monopolio venne attaccato da inglesi e olandesi in una vera “guerra di corsa” (da cui i corsari, cioè coloro che agivano autorizzati da lettere di corsa emesse da governi nazionali) condotta nelle colonie da mercanti-pirati, che miravano a sottrarre alla Spagna il monopolio delle importazioni di metallo prezioso: il motto era “contro i papisti per Eldorado”, il paese dorato, la regione ricchissima di oro di cui si favoleggiava l’esistenza in America Latina.

Dal 1580 al 1640 il Portogallo cadde in mano agli Asburgo di Spagna, questi non si curavano delle colonie portoghesi facendo il gioco di Inghilterra e Olanda che in poco tempo ridussero notevolmente l’impero portoghese. Riuscì a salvarsi il Brasile e nel Pacifico Macao e Timor Est. Nel 1661 persero anche l’India, conservando solo piccole basi.

Dall’Europa iniziò la migrazione volontaria verso il Brasile che si popolò notevolmente e raggiunse l’indipendenza nel 1822 ad opera di Pedro I, principe portoghese.

L’attacco portato dai filibustieri può essere letto come l’inizio di una fase violentemente competitiva nel commercio a lunga distanza e gli olandesi invocavano la libertà di navigazione, il “mare liberum”. Un concetto molto amerikano: si è sempre molto liberali per ottenere le proprie libertà, prescindendo dal fatto che esse per altri siano causa di schiavitù, oppressione, tirannia.

(Storia moderna – 19.2.1997) MP

Commenti (3)

Adiante Pereira!
3 #
Anaïs de Lonval
anaisdelonval.blog.tiscali.it
nadiranais@tiscali.it
87.19.220.102
Inviato il 22/02/2013 alle 23:47
sempre molto nutriti questi interventi che mi fanno sentire molto ignorante… ma alla luce di quanto sta avvenendo in tempi odierni, in prossimità delle elezioni posso dire che la storia tende a ripetersi… non si ripete uguale a se stessa, certo, ma determinati fenomeni portano a delle conseguenze molto simili. Però noi umani abbiamo la memoria corta e forse anche uno spirito critico alquanto poverello: la storia non è un insieme di nozioni messe in ordine cronologico, la storia è anche etica, la storia è presa di coscienza dei fatti per non ripetere gli stessi errori e cambiare il corso di una determinata vicenda. Ma pochi lo capiscono. Forse anche io stessa stento a comprendere pienamente il valore della storia: bisognerebbe che noi tutti prendessimo periodicamente un libro di storia e ripassassimo la lezione, di tanto in tanto, per non dimenticare. Tu certo saresti un bravo Prof!

Adiante Pereira!
2 #
andreapac
andreapac.blog.tiscali.it
andreapac@tiscali.it
83.211.200.161
Inviato il 18/02/2013 alle 10:09
La figura del pastore che è sicurezza e appartenenza non ha nome è il pontefice di Roma.
Spero tu capiti in quel del Portogallo e allora tra Statue di Botero e monumenti a grandi conquistatori, esploratori e colonizzatori ripercorrerai tutto il tuo scrivere

Adiante Pereira!
1 #
andreapac
andreapac.blog.tiscali.it
andreapac@tiscali.it
213.198.142.7
Inviato il 25/01/2013 alle 21:22
Grazie del passaggio da me.
Ricambio.
bello sapere certe cose, apprenderle che esistono pure.
La matematica e le scienze mi prendono da quando avevo 11 anni e non le ho mai abbandonate, trascurando il resto ingiustamente, ma come fare …
Quanto è complesso il nostro mondo e si continua a sbagliare il verbo avere con quella benedetta H.

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