CHI TI CURRAT SU BUGINU!

Lezioni condivise 43 – Il banditismo di massa

 30 Giu 2010 @ 10:41 PM

Achtung! Bandidos! … E’ toccato pure ai partigiani… Da tempo ormai il disordine costituito denomina “bandito” tutto ciò che gli si oppone, non a torto o a ragione, ma sempre a ragione.

E’ sempre stato così, ma nel passato storico le situazioni erano più limpide, più intelligibili dalle masse popolari, ciò era fondamentale perché esse potevano schierarsi con chi era dalla loro parte.

Non mi pare che questo sia più possibile oggi, anni di politica basata su scandali e corruzione (altro che seconda repubblica… seconda a che?) hanno intorpidito, ipnopedizzato, normalizzato l’opinione pubblica; la gente comune non reagisce più, accetta passivamente qualsiasi cosa si faccia a suo danno, non è più capace di scegliere la sua parte, anche perché non c’è, è vero, ma proprio in queste situazioni nascevano un tempo le grandi mobilitazioni popolari, le sommosse, le rivoluzioni…

Che il regime cazzarocratico non abbia dunque banditi, briganti, sovversivi da combattere, non è un buon segno per la democrazia, la libertà, la giustizia.

Questo non significa che si debba essere clementi nei confronti dei tiranni del passato.

La strategia coloniale di sfruttamento della Sardegna da parte piemontese fu palesemente subdola. I Savoia si insediarono in Sardegna malvolentieri; re servi delle potenze più forti, si videro sottrarre la Sicilia dall’Impero austriaco ed ebbero in cambio, nel 1718, la Sardegna, che cercarono subito di barattare con altri territori del nord.

Ho già fatto cenno al non certo “gentile” dominio catalano-aragonese e spagnolo dei secoli precedenti, ma l’avvento piemontese, quanto ad arroganza, mancanza di tatto e rozzezza, è rimasto senza pari.

Dopo aver tastato il terreno presso le élite cittadine, non certo del popolo, non trovarono di meglio che cercare di amalgamare tutto ciò che era espressione della Sardità (tranne ciò di cui non si resero neanche conto e che per questo abbiamo conservato) al loro modus vivendi, ovviamente fallendo… Vedi questione della politica agricola…

Una volta preso confidenza con i luoghi e con la gente, cercarono anche di creare truppe provinciali organizzate sul modello piemontese, dunque di istituire la leva militare, servendosi per questo dei Consigli comunitativi, organismi locali di governo delle ville (sorta di consigli comunali), da cui erano escluse le classi meno abbienti, i braccianti… Tuttavia, spesso, questi organismi locali non erano affatto succubi e obbedivano malvolentieri, specie dove era ampiamente rappresentato il terzo stato (contadini, artigiani, commercianti)…

Il risultato di questa manovra, decisa dall’oggi al domani, fu il netto rifiuto, la diserzione, la latitanza e dunque l’espansione del fenomeno del “banditismo”, cioè una componente resistenziale al potere costituito; alternativa a questa scelta estrema della latitanza, fu, specie nel 1843, la massiccia richiesta di esonero.

Fallì così il primo tentativo di leva militare in Sardegna e la creazione di truppe provinciali.

Vittorio Emanuele I aveva fatto anche le figurine sul modo di vestire dei soldati, tipo figurine Panini… ma non se ne fece nulla, pare non ci fossero nemmeno le risorse economiche necessarie.

Altra iniziativa dei nuovi padroni fu l’attacco alla nobiltà spagnola, ormai insediatasi da diverse generazioni nell’isola, al fine di limitare la loro “giurisdizione” con la creazione delle Prefetture, strumento capillare di controllo del territorio. Si intendeva compensare la nobiltà concedendo facoltà di elezione nei Consigli comunitativi, esistenti fin dal 1771. I nobili sarebbero stati eletti in liste bloccate, suddivise per classi. Le classi rappresentate erano due, quella media (commercianti, artigiani…) e quella aristocratica (proprietari, nobili). Il quarto stato veniva sempre più escluso con vari pretesti (come il non avere la possibilità di acquistare quanto serviva per fare il consigliere comunale!). In generale gli addetti a lavori manuali servili, erano esclusi dal Consiglio.

E’ vero che i sardi negli anni della rivoluzione lottarono soprattutto contro l’arroganza e lo strapotere feudale, ma l’intervento piemontese non ebbe certo lo scopo di liberare i sardi da quel giogo, ma di accentrare il più possibile il potere nelle mani dei nuovi tiranni…….

Ancora nel 1812 Francesco d’Austria d’Este parlava del popolo sardo come buono e assoggettato e per i sardi, visto come andavano le cose, non era certo un complimento. In tempi di carestia, i cui effetti esplosero drammaticamente solo quell’anno, solo una piccola avanguardia ebbe ancora la forza di reagire con la “congiura di Palabanda”, scoperta per una soffiata e repressa violentemente.

I cattivi raccolti degli anni precedenti culminarono in “s’annu doxi”, l’anno della fame, crebbe il pauperismo delle ville ridotte in miseria dal “grano del re”, la riserva per Cagliari, l’insierro, quello che dovevano versare privandosene loro che non ne avevano neanche per se stessi. Così iniziò lo spopolamento delle campagne e una massa di poveri, di mendicanti, si spostò in città, in parte accolta nel Lazzaretto, presso il convento di San Lucifero. I problemi si moltiplicarono, si diffuse la peste; nacque la questione dei majoli, studenti dell’entroterra che per mantenersi si mettevano al servizio di famiglie benestanti e subivano costantemente il controllo della polizia.

Se, come ho già ricordato, la memoria de “su famini de s’annu doxi” è giunto fino a noi nei modi di dire popolari, questo è più che sufficiente a comprendere il fenomeno del banditismo e lo stato in cui veniva tenuto un Regno, una terra, che se amministrata diversamente da “s’aferra-aferra”, avrebbe potuto cavarsela anche in situazioni d’emergenza. Al re piemontese invece interessava solo mantenere il suo tenore di vita, avere il superfluo anche mentre la gente moriva di fame.

(Storia della Sardegna – 24.4.1996) MP

Commenti (5) persi

SCHINITZUS PO SARDIGNA

Lezioni condivise 39 – Francesco d’Austria d’Este

28 Feb 2010 @ 7:39 PM

Un importante documento di storia della Sardegna del primo ottocento è certamente da la Descrizione della Sardegna, relativa al 1811/12 di Francesco d’Austria Este, ritrovata e pubblicata da Giorgio Bardanzellu nel 1934.

E’ un testo d’impatto un po’ esotico e prezioso, di autore illustre – il futuro duca di Modena, capitato in Sardegna in circostanze particolari – che si degnò almeno di scrivere qualcosa e di una certa utilità storica… meglio di altri che passati dalle nostre parti in anni precedenti e successivi non ci hanno degnato di parola.

Francesco d’Austria d’Este, figlio di Maria Beatrice d’Este e dell’arciduca Ferdinando d’Austria, governatore della Lombardia, prima di diventare Francesco IV, duca di Modena nel 1815, fece, nel 1811, un breve viaggio in Sardegna, aveva allora 32 anni ed era esiliato dalle sue terre, sotto il dominio napoleonico.

Lo scopo del suo viaggio era di natura politica, un tentativo di congiura contro il Bonaparte per il quale intendeva avere l’appoggio di Vittorio Emanuele I, ma soprattutto politica matrimoniale… Infatti dopo aver tentato di sposare Paolina Bonaparte e l’arciduchessa Maria Luisa d’Austria (poi sposa di Napoleone) – che lo rifiutò in quanto violento – le sue attenzioni dinastiche si spostarono sulla primogenita del re di Sardegna, la nipote Maria Beatrice, figlia di sua sorella, l’arciduchessa e regina Maria Vittoria Teresa.

Questo matrimonio poteva avere un grande rilievo politico, perché in Sardegna, a differenza del Piemonte, non vigeva la legge Salica e, in mancanza di figli maschi sia del re, sia di Carlo Felice, Maria Beatrice era candidata alla successione.

In realtà la legge Salica era stata estesa alla Sardegna dai patti di famiglia sabaudi, ma senza il consenso del parlamento sardo (gli Stamenti o Cortes); il che consentiva, all’occorrenza, di invalidare un eventuale trasferimento della successione al ramo collaterale della dinastia, cioè al principe di Carignano Carlo Alberto, peraltro in quel periodo lontano dal Regno, ma anche in considerazione degli atteggiamenti filo-francesi della sua famiglia.

Il giudizio storico su Francesco IV Granduca di Modena è controverso, giudicato nemico acerrimo dai liberali, per alcuni fu invece un eccellente amministratore del ducato. Pare protesse le classi povere, favorì l’agricoltura e si atteggiò a mecenate verso ogni tipo di ricerca, specie quella scientifica.

Nel 1812 dunque Francesco sposò la principessa Maria Beatrice Vittoria di Savoia (1792-1840), lui morì il 21 gennaio 1846 all’età di 66 anni.

Giunto in Sardegna per i motivi anzidetti, egli fece un viaggio nell’isola, la cui vita (non solo quella di corte) commentò in un diario quotidiano di oltre ottanta pagine, trattando anche la posizione strategica, la vita, le tradizioni, i cibi, la musica, i balli, la sanità, la politica, in modo molto formale, ma efficace sotto il profilo storico.

Attraverso questo importante documento – che riguarda peraltro un anno cruciale della storia sarda, s’annu doxi, drammaticamente entrato nei modi di dire popolari come riferimento a sventure, senza che molti si rendano conto che il riferimento è al lontano 1812 – scritto in modo minuzioso, ricco di particolari, una sorta di inventario dello stato dell’isola del tempo, abbiamo importanti notizie anche sulla carestia e la conseguente peste che colpì la Sardegna in quegli anni, riversando gli effetti soprattutto su Cagliari.

La Sardegna fino al 1806 ebbe come viceré Carlo Felice, in quell’anno Vittorio Emanuele tornò in Sardegna (i reali facevano la spola con la penisola in funzione delle vicende napoleoniche).

Erano anni in cui si discuteva di misure agrarie, la prima illuminazione pubblica a Cagliari (1815)… ma quell’anno, il 1812, quello de “su famini de s’annu doxi”, si assistette all’invasione della città da parte dei contadini dei villaggi, il cui raccolto era andato male e cercavano lavoro in città, era l’anno della schedatura dei mariuoli (contadini che per studiare all’università facevano i servetti), dell’epidemia pestifera.

Il futuro granduca descrive i membri della corte presenti in Sardegna, i loro palazzi, le giornate. E’ ostile verso Carlo Felice e verso la sua vita monotona.

Il manoscritto è tuttavia disordinato, probabilmente scritto per uso personale.

Descrive i quartieri di Cagliari: la lodata Marina (Lapola), allora il quartiere più attivo. Cita la Chiesa sant’Agostino, nel largo, incuneata in un palazzo, la presenza dei gatti, la malaria – con descrizioni drammatiche che ricordano pagine manzoniane – i morti per strada, il lazzaretto… Ci dà anche notizie particolari come quella che si poteva accedere a un titolo nobiliare mettendo a dimora quattromila ulivi.

Riguardo al resto della Sardegna, è minuziosa la descrizione di Alghero, definita “L’unica fortezza vera in Sardegna. Tutta la città, e fortezza è al piano al Mare. Da una parte il mare bagna le mura della fortificazione… Poi vi è dalla parte di terra verso Mezzogiorno un bastione grande con una grande torre, grossa, rotonda, i cui muri sono grossi due tese, e dodici tese di circuito, ove sono i prigionieri di Stato…”

Fosse quello che fosse il d’Austria d’Este, apprezziamo e condividiamo il suo modo di valorizzare un viaggio, di essere stato un attento osservatore e di averci tramandato la sua particolare visione della Sardegna del tempo.

Descrizione della Sardegna (1812) – Francesco d’Austria-Este (a cura di Giorgio Bardanzellu), introduzione alla edizione anastatica di Carlino Sole. Edizioni della Torre, Cagliari, 1993.

(Storia della Sardegna – 19.4.1996) MP

Commenti (6)

Schinítzus po Sardigna
6 #
gabbia nella
gabbianella@alice.it
82.58.217.169
Inviato il 02/04/2010 alle 00:18
Vedi? Pensi subito a tenermi a pane e acqua!
Povera nella gabbia!

Schinítzus po Sardigna
5 #
ivy phoenix
edera.fenice@tiscali.it
109.113.28.150
Inviato il 28/03/2010 alle 22:52
urka… che commento emma…
beh sembra una lingua straniera…
ciao.. sempre le tue lezioni che arricchiscono la nostra cultura..

Schinítzus po Sardigna
4 #
tertium non datur
giuliapenzo@alice.it
87.0.32.1
Inviato il 22/03/2010 alle 23:42
tertium non datur,
ma un terzo commento sì… 🙂 )

Schinítzus po Sardigna
3 #
g
giuliapenzo@alice.it
87.8.244.241
Inviato il 20/03/2010 alle 19:39
Sì, per il titolo, mi ero accorta ed è un’escamotage simpatico per attirare alla lettura.
Sulla legge salica, certo, concordo per l’ingiustizia sottostante e sulla discriminazione crudele.
Dicevo che per assurdo in questo modo molte donne si sottraevano a matrimoni che potevano essere utilizzati per secondi fini. In realtà mi era balenato proprio come pensiero assurdo, conoscendo poi i matrimoni combinati all’epoca.

Schinítzus po Sardigna
2 #
emma
giuliapenzo@alice.it
82.60.161.36
Inviato il 19/03/2010 alle 23:42
schinítzu, nm: ischinitzu, schinnitzu, sciníciu, scinitzu, sfinítziu, sfinitzu zenia de idea chi no lassat istare in pasu, coment\’e pidinu pro cosa chi si timet o chi si tiat cherrer a presse, chi no s\’idet s\’ora de aer o de fàghere / s. de brenti = afinamentu, isanimamentu afródhiu, arreolu, fazellu, finitzu, frenédiga, furighedha, pestighinzu, pidinu, pistu su spédhiu ponit scinitzu ¸ fillus mius, candu no seis in domu tèngiu unu schinitzu!… ¸ allodhu torrau, no tenit assébiu: a ndi tenit de scinitzu! ¸ dh\’anti portada a su spidali ma teniat giai su scinitzu de sa morti, e difatis s\’est morta una pariga de oras apustis 2. ti biu a bisur\’e fàmini: ita tenis, schinnitzedhu?! irrequietézza, smània
Ho imbroccato il termine giusto? Mi pare strano, mi verrebbe da capire piuttosto: descrizione…
Povera Maria Beatrice! A quanto pare era veramente violento: è morta a 48 anni, mentre lui a 66…
La legge salica qualche volta salvaguardava le donne da cattive mire. A quanto pare in Sardegna non funzionava così.
Menomale che siamo ancora nell’anno 10.
Buona notte
emma

Schinítzus po Sardigna
1 #
lori
processoallaparola.splinder.com
diotima47@hotmail.it
93.46.71.142
Inviato il 18/03/2010 alle 20:59
ma…come hai fatto a mettere la musica? io…io…ho voglia di chiuderlo il mio esautorato anemico blog. Meglio venir qui a studiare la Storia.

CHI TENIAST SU FÀMINI CHI TENIA DEU…

Lezioni condivise 28 – Su fàmini de s’annu doxi

27 Feb 2009 @ 1:32 PM

Ci sono avvenimenti nella storia che entrano così profondamente nell’immaginario collettivo che, tramandandosi di generazione in generazione, sembra siano avvenuti in tempi relativamente recenti, perché ce ne ha fatto cenno il nonno e a lui ancora il nonno e via dicendo; o anche perché certi fatti si ripetono ciclicamente nella storia.

E’ certamente il caso delle carestie, pesti, calamità naturali, guerre, che hanno spesso una conseguenza comune, la fame.

La fame è ricordata dall’uomo a prescindere dai libri di storia, ha riferimenti cronologici precisi, ma si confonde con altra fame, per cui viene evocata senza differenze “su fami de s’annu doxi” (e s’intende il 1812, ma la percezione temporale è ormai persa), definito anche “s’annu de su famini”, o “su fami de su quarant…” (e qui c’è ampia facoltà di scelta, in quanto il riferimento varia a seconda dell’interlocutore di un arco di tempo che va dal quarantatre al quarantotto… seconda guerra mondiale).

A noi bambini “viziati” ci ha sempre accompagnato un tormentone simile: “chi teniast su famini chi tenia deu me in su quarantaquattru, bidiast comenti tu ddu papasta!” (se tu avessi la fame che avevo io nel 1944, mangeresti rapidamente tutto di sicuro).

Lo scenario del 1812 in Sardegna fu dunque drammatico, le piogge eccessive degli anni precedenti, impedirono la semina e ne derivò, specie quell’anno, una grave carestia e la conseguente peste.

Le descrizioni che si hanno di Cagliari in quell’anno ricordano molto da vicino la Milano manzoniana del seicento.

Voglio brevemente descrivere il contesto politico/amministrativo di quegli anni.

Ho già fatto cenno in precedenti post a come i piemontesi si sono insediati nel Regno di Sardegna, alle loro convenienze, al loro sfruttamento, ai diversi tentativi di disfarsi dell’Isola, al banditismo che si opponeva alla loro iniqua amministrazione.

In questo quadro, i pochi spiragli di luce sull’Amministrazione sarda, seppur sempre di natura reazionaria, erano dovuti ad alcuni viceré più attenti a qualcosa che non fosse esclusivamente l’esazione delle tasse e più preoccupati, dal loro punto di vista, allo stato dell’Isola.

Nella seconda metà del settecento venne segnalata al Re la necessità di dividere il territorio in Province (come avveniva già in Piemonte) e nel contempo istituire in ognuna di esse una Prefettura, che sovrintendesse in particolar modo alle questioni economiche e all’ordine pubblico (negli anni sessanta del settecento, in un anno, l’attività banditesca aveva ucciso 760 buoi da lavoro per contrastare il potere feudale, eredità spagnola.

Il Re (Carlo Emanuele III) non accolse l’istanza, sostenendo che l’inserimento di nuovi funzionari nel territorio avrebbe limitato il potere feudale, facendo osservare che vi erano già i Consigli Comunitativi (una fattispecie analoga agli attuali Consigli Comunali) a limitare quel potere.

Vittorio Amedeo III, che era Re allo scoppio della Rivoluzione francese, si servì di una memoria sulla Sardegna scritta dal conte Rossi e dopo i deboli tentativi di attacco giacobino del 1792/93, fece costruire delle piazzeforti per la difesa militare e progressivamente affiancò ai militari dei funzionari amministrativi (Intendenti). Con il passare del tempo essi si occuparono in particolare di aspetti produttivi e furono affiancati da giudici (amministratori della giustizia nei territori periferici) e governatori (legati all’attività militare).

Vi fu dunque un complesso percorso che, dal 1807 al 1814, portò all’istituzione delle Prefetture in Sardegna. Il territorio fu diviso in quindici province (otto a settentrione, sette a meridione).

I prefetti ebbero tutti i poteri degli intendenti e dei giudici, dunque di natura economica e giudiziaria. Il percorso non fu esente da problemi, visto che il nuovo apparto si scontrava con quello feudale, costituendone sotto diversi aspetti un doppione. Anche il feudatario, infatti, aveva una struttura giudiziaria, dai tribunali alle carceri.

Si decise pertanto che i tribunali feudali dovessero funzionare solo per la prima istanza (il primo grado). La seconda spettava alla Prefettura.

Iniziò così lo scontro con le istituzioni feudali (soprattutto in mano a spagnoli che ormai si erano stabiliti in Sardegna). La Spagna non poté intervenire in loro difesa in quanto occupata dai francesi.

Nacquero gli archivi, il controllo sull’operato dei Consigli Comunitativi, ma non fu esclusivamente un controllo sull’amministrazione, venivano controllati anche i costumi e le idee della gente. Nasceva insomma lo stato di polizia.

I Prefetti in genere erano sardi, in quanto nominati dal viceré; si affrontò anche la soluzione dei loro problemi logistici.

Ciò si compiva sotto Carlo Emanuele IV e Vittorio Emanuele I.

I sardi, assoggettati e immobilizzati dalla burocrazia, potevano ben dire che si stava meglio quando si stava peggio.

Questo intricato controllo sociale non fu capace di evitare s’annu de su fàmini, fame solo per il popolo s’intende.

(Storia della Sardegna – 27.3.1996) MP

Commenti (17)

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
17 #
notimetolose
notimetolose.myblog.it
notimetolose@virgilio.it
151.30.158.200
Inviato il 17/06/2012 alle 20:14
Il suono del dialetto è musica in generale che arricchisce e affascina, così come la calata regionale. Quando poi è lingua sale di importanza e diventa cultura

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
16 #
Benny
silenziosaluna.blog.tiscali.it
87.9.43.110
Inviato il 08/07/2009 alle 21:39
CIAO ANGELLLLLLLLL! 😀

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
15 #
Benny
silenziosaluna.blog.tiscali.it
82.53.152.204
Inviato il 07/04/2009 alle 21:48
altre scosse..un altra alle 19.50 ca s’è sentita nitidissima anche qui a roma..c’è tanto spavento..ma niente di grave a parte qualche tubatura rotta..c’è stato anche stamattina alle 10.30..

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
14 #
diotima
93.46.64.113
Inviato il 07/04/2009 alle 02:14
non ci sarà mai fine al peggio…sbrighiamoci a fare un’orgia!
“saggi” dice il padrone

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
13 #
Benny
silenziosaluna.blog.tiscali.it
79.36.223.70
Inviato il 05/04/2009 alle 22:33
Ehehehe io faccio d’Artagnan però! 😀
Cmq no non sono sarda..sono romana ma fidanzata con un sardo :p

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
12 #
Benny
silenziosaluna.blog.tiscali.it
82.55.234.125
Inviato il 04/04/2009 alle 13:21
Ciau Angel! 😀
Buongiorno a te e alla Sardegna! Tra una settimana arriverò anche io!!!! **

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
11 #
bluantho
vitaesogno.blog.tiscali.it
151.61.159.249
Inviato il 03/04/2009 alle 18:17
interessante! la storia mi piace molto e andrò a leggere a ritroso
ciao!

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
10 #
Maryloo
maryloo.blog.tiscali.it
87.24.231.181
Inviato il 02/04/2009 alle 17:58
Dai, sentiamo la bugia…

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
9 #
cleide
62.10.184.60
Inviato il 01/04/2009 alle 14:14
Cappellesi for ever.)))
Scherzo scherzo. Scherzavo anche prima. Era solo per dire che se il nemico operasse bene, non avrei difficoltà ad ammetterlo. ma già vedo ombre, quindi..))

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
8 #
andreapac
andreapac.blog.tiscali.it
79.27.13.2
Inviato il 31/03/2009 alle 22:10
Io sono dell’Empoli

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
7 #
celia
78.15.187.171
Inviato il 31/03/2009 alle 21:37
Angel deo no apo fattu nudda a Alessandra Broncio. No apo mancu bidu sa fotografia proitte deo no tenzo sa registrazione in caralibru e cando asa iscrittu su link no podia abbaidare nudda. Ma tue tenes sa fissa du custu caralibru e deo in cui no bi soe. No bi soe !!!!
Tottu bene?
Mi’ che il figlioccio di Silvio noto Cappellacci si sta dando da fare… poveri noi !
Basu

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
6 #
ivy phoenix
donotpanichereiam.blog.tiscali.it
78.12.160.110
Inviato il 31/03/2009 alle 20:13
e non è detto che la fame non ritorni…
no, non è per lo studio che non ho tempo ma per altri più importanti problemi.. che vuoi.. la vita è fatta anche di combattimenti.. e in questi mesi devo dimostrare chi sono..

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
5 #
diotima proletaria
93.46.65.206
Inviato il 31/03/2009 alle 15:17
negli anni ’60 mio padre, sarto in pensione anticipata per invalidità, percepiva novemila lire al mese (pensione per gli artigiani); mia madre, ex magliaia impedita a continuare il suo modesto lavoro, dall’imposizione di tasse assurde, percepiva una pensione sociale di 680 lire un mese si e uno no.
Per poter farmi frequentare l’università mio fratello, dall’America ci inviava ogni mese un assegno.
Ma non ho mai potuto studiare su un libro “mio”.

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
4 #
Paola
lamiavitabellaebrutta.blog.tiscali.it
159.213.40.2
Inviato il 30/03/2009 alle 11:20
…chissà perchè nelle disgrazie i poveri ci rimettono sempre…e sembrano uguali in ogni parte del mondo…:-(

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
3 #
celia
78.15.207.27
Inviato il 19/03/2009 alle 23:36
Passo passo… io da te passo sempre ma ho poco tempo anche per commentare. Come avrai notato è anche un po’ che non posto.
No, non sono io su Caralibru se ci fossi te lo direi senza problemi.
Non tenzes dudas che no bi suni, si soe su caralibri ti lu naro ma no bi soe… ca no mi piaghet po nudda e no tenzo tempus mancu po istare in su blog. Tue o tottus mi paret chi sezzis incue, paga tzente in su blog… mi ista attentu a calchi bella ‘emmina 🙂
Ma tenes ancora amistade cun sa pedagogista? Mi’ chi cussa istoria m’ha fattu a riere mi’…. 🙂
Unu basitteddu .

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
2 #
diotima
89.97.102.254
Inviato il 19/03/2009 alle 09:38
negli anni ’60 del boom economico ho fatto la peggiore fame della mia vita; aspetterò che tu arrivi a quella lezione
🙂

CHI TENIAST SU FAMINI CHI TENIA DEU…
1 #
NEnet
tuttinsieme.blog.tiscali.it
82.55.91.149
Inviato il 19/03/2009 alle 00:13
Carissimo!!! E’ sempre un piacere leggerti … e proprio del Sommo, in un commento al post di Sergio ho riportato un passo … della nostra questione sul G8 tutto tace .. ovviamente …
Mandi Nenny

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