Lezioni condivise 68 – Biologia della lingua
31 Ago 2012 @ 11:55 PM
Sono ignorante… Nessuno è esente da un po’ di ignoranza. Anche questo termine, tuttavia, come tanti altri, rischia di essere ambiguo, diversamente interpretabile, offensivo, ingiurioso o semplicemente utile per argomentare un pensiero.
Questo esordio è necessario per affermare, senza che vi siano equivoci, che non ho alcun pregiudizio di sorta nei confronti di chi è carente di informazione, cultura, scienza… di sapere insomma; questa condizione è spesso involontaria, a volte è addirittura una colpa della società, o semplicemente frutto di incapacità o indolenza.
Ma ci sono alcune categorie di ignoranti, e questa volta do alla parola un senso davvero insultante, che sono da disprezzare totalmente.
La prima, in verità, è più ridicola che altro, ma fastidiosa: si tratta di chi non sa, si atteggia a sapiente e blatera assurde insulsaggini che è inutile contraddire; c’è poi chi sa davvero, ma approfitta di questa sua condizione, si sente superiore a chiunque, frappone fra se e gli altri barriere, ostenta il suo sapere in modo disgustoso; ma a mio avviso c’è una categoria ancora più insopportabile delle due citate ed è quella che con buona approssimazione potrei definire dei saccenti, dico così perché un minimo sfoggio di saccenteria può entro certi limiti essere un peccato veniale, ma io mi riferisco a chi, benché colto, si convince di sapere ciò che non sa e sputa sentenze in proposito anche con chi quella competenza la ha davvero, ma in più ha anche una buona dose di umiltà, qualità del tutto assente in quel genere di ignoranti.
Le categorie anzidette e l’ultima in particolare, le si può incrociare intorno a qualsiasi tipo di argomento serio o effimero, a me è capitato ad esempio, neanche troppo sporadicamente sul tema della lezione di oggi, la linguistica, lo studio e l’uso della lingua.
Senza aver paura di incorrere nell’insulto trattato sopra, dobbiamo tuttavia prestare attenzione e cautela quando ci apprestiamo a correggere qualcuno per qualcosa di detto o anche di scritto. A parte i modi, è importante avere contezza della materia su cui andiamo a interferire, perché è vero che molti di noi sono stati istruiti basilarmente da chi non sapeva neppure dove sta di casa la linguistica e la ricerca. Con questo non voglio dire che non sia utile correggere; a volte nel linguaggio standard possono farsi degli errori macroscopici che saltano all’occhio solo dopo alcune riletture, dei più banali non se ne parla neppure.
Nell’affrontare il complesso mondo di una lingua è bene dunque sapere di che si parla – ora mi verrebbe subito voglia di citare l’errore macroscopico apparso in una sentenza della Corte di cassazione, che ha visto l’ispiratore o l’estensore (non si sa), senza averne competenza (lo si capisce dal risultato) mettersi a discettare di lingue e dialetti, ma non lo faccio per non trascendere, conscio tuttavia che trattasi del terzo caso –, conoscere di registri linguistici, gerghi, varietà sociali, dialetti e via discorrendo, ma anche di storia e – come dire – di biologia della lingua.
La tipologia delle varianti linguistiche è solitamente prerogativa di precise categorie, pertanto si tratta di varietà sociali della lingua (diastratia).
La nobiltà cagliaritana parlava in sardo nella variante cittadina, in funzione antiborghese. La borghesia già a metà Ottocento si era italianizzata. In questo caso il cagliaritano fungeva da connotazione sociale. Lo stesso accadeva ad esempio a Venezia.
Una varietà diastratica è l’italiano popolare (da non confondere con l’italiano regionale, avendo questo caratteristiche diatopiche che prescindono dalla classe sociale: l’italiano regionale divide, l’italiano popolare accomuna), relativo alla popolazione che ha più familiarità con le lingue o dialetti locali, anche indirettamente. Questo fenomeno si presenta soprattutto nell’oralità, nei tratti fonetici, nei raddoppi, o a seconda dei territori, nelle lenizioni, o nel ricorso a suoni blesi.
Questa varietà (secondo Michele Cortelazzo dell’università di Padova) è riferibile a situazioni di carenti cultura e scolarizzazione, per cui non si accede ai contesti formali della lingua standard, avendo scarsa confidenza con essa, anche per minori opportunità di usarla; si tratta di parlanti costretti a inventarsi una competenza linguistica che non hanno per ragioni diverse.
Dal canto suo Tullio De Mauro faceva risalire l’italiano popolare a ragioni politiche: guerre, lotte sindacali, emigrazione a nord, e considerava positivamente questa variante, quale conseguente sviluppo naturale della lingua dal basso, non imposta.
Vi sono in proposito autobiografie (museo etnografico del Friuli), lettere (studioso Leo Kreutzer), dove è attestata una forte devianza dalla norma e viene documentato anche un livello scritto, usato nei casi di necessità, non trattandosi di lingua usata solitamente (sostituita dal dialetto).
Un documento importante in proposito è senza dubbio il libro “Dai bressaglieri alla fantaria” di Ines Loi Corvetto.
Principali caratteristiche adottate dai parlanti l’italiano popolare rispetto allo standard:
– Non distinguono tra articolo e sostantivo (concrezione dell’articolo). Esempi: ninferno (un inferno), loppio (l’oppio).
– Sincrezione dell’articolo: l’avello per lavello.
– Pleonasmo: eccesso, ripetizioni. Esempi: ma però, senza il suo consenso della giovane donna, a me mi, ci rimase qui, ti spedisco a te i soldi.
– Prevalenza del pronome relativo (che per “a cui”, “di cui”). Esempio: fui comandato di portare una busta che non so il contenuto.
– Uso di lessemi popolari: cecchino (spara anche quando non c’è combattimento, di nascosto), magna franchi, figli di mammà.
– Storpiatura parole (tecniche ecc.): carta dindindirità, carabinieere con la e lunga (affettivo);
– Concordanza: le cose facile, coppia molto gentili;
– Uso improprio di avere: non ho arrivato a capire.
– Nel ligure: “mi saluti…” – “padena” (padrina) – “padeno” (padrino).
A titolo esemplificativo, alcune tipologie della sociolinguistica:
Sottocodici funzionali:
– situazionale (si tratta della produzione di un messaggio linguistico in una determinata situazione), ad esempio relativo alla cultura materiale nella descrizione di un definito lavoro.
– tecnico: (tra colleghi) “il paziente è affetto da una sindrome ipertensiva”.
variante non tecnica: “il poveretto ha un attacco di pressione alta”.
Il contesto cambia la scelta dei tipi lessicali.
Sottocodici linguistici:
– cacuminale (la produzione di un suono in relazione alla posizione della lingua rispetto al palato).
Registro linguistico:
riguarda la scelta della varietà linguistica adottata in base al rapporto tra i locutori, per ragioni psicologiche, sociali, circostanziali o riguardo al mezzo impiegato.
Può essere relativo a situazioni funzionali e/o contestuali e può essere di varie tipologie:
1. a) elevato: “potrebbe spegnere la radio, per favore”, “il bimbo (registro più elevato di “bambino”) si è assopito.
2. b) basso: “spegni la radio”, “non vedi che il bambino sta dormendo”.
E’ il caso di fare un breve riepilogo delle principali variabili sociolingiustiche:
variabile diatopica, la lingua che muta nello spazio geografico;
diacronica, in rapporto al tempo storico;
diastratica, relativa alla condizione sociale dei parlanti;
diamesica, in rapporto al mezzo usato per esprimersi (scritto, parlato…);
diafasica, in rapporto alla situazione (ufficiale, familiare…).
Mi rendo conto della frammentarietà e tortuosità dell’esposizione, ma basti a rendere idea della complessità della materia.
(Linguistica sarda – 5.2.1997) MP

Commenti (4)
Dialekt 11: non desiderare la lingua d’altri
4 #
maryroth
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Inviato il 27/11/2012 alle 13:05
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Dialekt 11: non desiderare la lingua d’altri
3 #
indian
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Inviato il 02/09/2012 alle 13:11
@giulia
Ego te absolvo… 🙂 (ho appena visto “L’ultimo inquisitore” di Forman)
Dialekt 11: non desiderare la lingua d’altri
2 #
giulia
chidicedonna.myblog.it
g@alice.it
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Inviato il 01/09/2012 alle 20:39
Urka, che arrabbiato!
Ti prego, non farmi alcun sermone se trovi qualche errore nei miei scritti.
Perdono, chiedo venia, m’inginocchio, sarò precisa e puntuale per tutta la vita! E tutto in maniera preventiva onde evitare questi tuoi strali.
Dialekt 11: non desiderare la lingua d’altri
1 #
Democrazia Oggi – Palabanda
http://www.democraziaoggi.it
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Inviato il 28/08/2012 alle 05:03
https://diaryofboard2.home.blog/2020/05/05/chiamala-se-vuoi-emozione/

